Barberino Designer Outlet - Antefatto
- Salvatore Giglio
- 10 gen 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 10 giu 2022
Immediatamente prima del cantiere di Barberino del Mugello mi capitò una trasferta da delirio con una ditta di Pomigliano d'Arco che era riuscita a totalizzare ogni possibile record di negatività...

La cosa peggiore per un operaio trasfertista è quella di trovarsi nelle mani di un’impresa che, per default, deve speculare su di te, spremendoti come un limone … Prima del cantiere di Barberino mi ritrovai in una situazione a dir poco inaspettata, in pericolosa compagnia e con l’impresa che ci aveva inviato a Roma che glissava sulla miriade di difficoltà che stavamo affrontando quotidianamente …
La storia di questo cantiere è ambientata in Toscana, a Barberino del Mugello (FI), ed aveva per oggetto la realizzazione dei lavori di pubblica illuminazione per il Barberino Designer Outlet, un megacentro commerciale, costruito in stile rinascimentale, a 40 km da Firenze. All’epoca era il terzo, per grandezza, dopo quelli di Serravalle Scrivia , in Piemonte, e di Castel Romano, nel Lazio.
Per quel che mi riguardava questa chiamata lavorativa era miracolosa e giungeva, come si suol dire, come cacio sui maccheroni. Ma procediamo con ordine e facciamo un passo indietro.
Prima che aderissi a questa missione organizzata da MARPI Group, infatti, stavo lavorando a Roma in una situazione a dir poco pazzesca: un’impresa “impiantistica” di Pomigliano d’Arco (NA) mi aveva spedito nella capitale in appoggio ad una ditta locale per il completamento degli impianti elettrici e di sistema presso un distaccamento dell’Ambasciata Canadese sulla Salaria, e fin qui tutto bene: bello lo stabile in cui lavoravamo, una villa in stile neo romanico degli inizi del ‘900, costruito all’epoca dell’eclettismo storicistico; bello l’impianto che stavamo sviluppando, con tanto di targhette segnacavo e puntali capicorda (manco sugli yacht a Venezia) su apparecchiature impiegate in ambito civile e alimentate con conduttori unipolari utilizzati normalmente negli appartamenti.


Brutta invece era la compagnia, dal momento che uno dei due ragazzi che ci facevano da manovali era appena uscito di galera per detenzione e spaccio di stupefacenti ed era un cocainomane schizzato che si ombrava ad ogni piè sospinto e vedeva poliziotti dovunque.
Voleva menare tutti: bastava un'occhiata di troppo per farlo inalberare.
Girare in macchina con lui era come avere un leone affamato sul sedile posteriore... Ansia!
Bruttissima la sistemazione logistica, a 60 km dal lavoro su di un paesino laziale, Vicovaro in una casa di riposo per anziani, ove la sera, dopo una giornata di lavoro quando avresti mangiato un vitello intero, ti vedevi servire: una minestrina riscaldata, una fettina di formaggio svizzero, un piatto di fagiolini per contorno e basta. Da bere, ovviamente, acqua del rubinetto. Si dormiva tutti in una sola camerata gelatissima in un’ala abbandonata del pensionato e il bagno era in comune.

Il pensionato possedeva un unico televisore (che prendeva Rai 1, Canale 5 e Rete 4, basta) da fruire con le vecchine dell’ospizio, poverine, e tutt’intorno il nulla, neanche un bar aperto dove andare a trascorrere mezzora di decantazione o dove poter acquistare che so un pacchetto di sigarette, una ricarica telefonica...
Ciliegina sulla torta il mezzo di trasporto per andare e tornare dal lavoro: una vecchissima auto con una milionata di chilometri che si spegneva improvvisamente lungo la strada. Più di una volta, in autostrada, abbiamo letteralmente visto la morte in faccia.
In tutto questo, infine, si aggiungano i pessimi i rapporti con la nostra ditta: ci abboffavano di bugie, scatenando la nostra indignazione e violenza pura nel ragazzo di cui sopra. Insomma uno scenario lavorativo da deportazione.

Immaginate, quindi, cosa provai quando una mattina squilla il cellulare e compare il numero dell’agenzia che mi aveva mandato pochi mesi prima a Venezia. La segretaria mi salutò calorosamente e cominciò a spiegarmi la natura della missione, quanto avrei guadagnato all’ora (il doppio di quel che percepivo con l’altra ditta), dove avrei soggiornato e mangiato (una stanza singola in un’aggraziata pensioncina-ristorante convenientissima) che si trovava a dieci minuti (a piedi) dal lavoro … Insomma, cosa chiedere di più?

Non le diedi neanche il tempo di finire la telefonata e le risposi con un entusiastico “Si!!!.” Poche ore dopo ero già in treno, felicissimo, alla volta di Napoli per preparare dettagliatamente la Missione Toscana.
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